28 DICEMBRE 2013 SPETTACOLO TEATRALE "GENTE 'E PAESE" di S. Vigliano
“ GENTE ‘E PAESE “
2 ATTI DI SALVATORE VIGLIANO
Note critiche a cura Dell’autore
“Questo è lo scotto che paghiamo per il benessere moderno, però abbiamo tutti il dovere di guardare avanti e migliorare ….. quatto case, ‘na piazza,,’na decina ‘e persone nun fanno ‘nu paese.. ….. addeventano Paese, quando le persone rispettano le persone, la piazza e le case … addeventano ‘nu Paese quanno s’aiutano, quanno i problemi di uno diventano anche problemi per gli altri. A ‘stu paese nuosto chesto manca …. Bisognerebbe organizzare per tutti, me compreso, una specie di corso accelerato di convivenza civile, ma queste sono solo chiacchiere, perciò, lassammo perdere “.
Sono queste le parole che ‘o professore dice a zi’ Carmela alla fine del secondo atto ; parole amare e , nel contempo, parole che invitano alla speranza . Se una comunità perde la memoria dei propri valori umani e sociali è destinata a perdere la propria identità, a fare i conti con le contraddizioni del vivere moderno, a contare le vittime del proprio fallimento.
La speranza tuttavia non è restaurazione, ma rinnovamento ; nasce dal confronto tra le generazioni, dall’impegno civile “ Carmè, indietro non si torna e non si deve tornare. Il tempo corre in avanti ed è giusto, perché si deve migliorare; ‘o passato nun è che sia stato sempe bello “ ammonisce ‘o prufessore .
Ma Il confronto, il dialogo generazionale sembra confuso, separato da una sottile ,eppure solida, linea di incomprensione ; da un lato le certezze del passato, dall’altro il relativismo del presente.
Zi’ Rusina reagisce alle intemperanze della nipote “ No … vuie site scostumati. Quanno una pirsona nun tene rispetto ppe’ n’ata pirsona , vuol dire che è scostumata e basta !!! ‘Na vota nun era accussì , ‘na vota c’era rispetto ppe’ tutti, soprattutto ppe’ viecchi “ L’adolescente Nunziatina risponde “ E mò ‘e tiempi so’ cagnati … mò ognuno pensa ai caz… ai cavoli suoi … mò ce vulimmo divertì e basta, avimma pensà a nuie, al gruppo di amici e nisciuno ce addà sfottere “. Lo stesso relativismo si coglie nelle parole del giovane Cristian “ A no’ tu ti poni troppi problemi, chella ‘a vita è ‘na schifezza già pe’ essa, po’ te ce mitti pure tu !!! Io voglio vivere la vita al presente ….. pecchè m’aggia mettere a pensà a ll’ati cose ?? Vivi e lascia vivere … oggi ci stai e domani chi sa “ .
Nella nebbia dell’incomunicabilità, si insinuano con facilità i drammi del vivere quotidiano : la droga, la precarietà,la disoccupazione, il crollo delle agenzie educative come la famiglia e la scuola.
‘O professore osserva, guarda,ascolta e, come un vecchio cronista, registra la situazione ; non giudica, ammonisce“ si sono imbrogliate le carte del consorzio umano, se so’ ammescate ‘e figure”, indica vie d’uscita e, paradossalmente, individua nella poesia una delle poche armi per diradare la nebbia “ la poesia ha il dono di dire con poche parole quello che un avvocato non riuscirebbe a dire in cento arringhe, però deve essere amata … è dono per tutti … con la poesia possiamo tornare al mondo perduto o inventarcene uno nuovo e, magari, migliore di questo “.
Le riflessioni del professore resteranno inascoltate fino a quando un dramma non colpirà la piccola comunità e farà aprire gli occhi a tutti : La gente ‘e paese non può e non deve perdere la speranza, ma non può nemmeno far finta di niente, far finta che tutto vada per il meglio; deve ritrovare il coraggio di guardarsi dentro, di individuare i mali nascosti o riposti sotto il tappeto e recuperare i propri valori umani per tornare ad essere gente ‘e paese.
Breve sintesi
All’interno di un vicolo, si intersecano le storie e le vite degli abitanti di un piccolo paese che ha ormai perso la propria identità umana e sociale. Il benessere, l’incomunicabilità generazionale, l’individualismo, il consumismo hanno divorato i valori di un tempo senza costruirne dei nuovi : senza dialogo, Il passato si contrappone al presente esasperando la condizione di precarietà e di superficialità . Il tutto viene osservato e raccontato da un anziano professore in pensione che riflette su quanto accade intorno a lui; ne raccoglie le sofferenze, le ansie, le contraddizioni, le spinte vitali e le responsabilità. Testardamente propone valori come la famiglia, il ruolo dei genitori, il rispetto del bene comune, la cultura come antidoti all’amarezza del quotidiano . La piccola comunità, disabituata al senso di coesione sociale, preferisce nascondere il proprio malessere ma, come spesso accade, sarà una tragedia a risvegliare tutti dal torpore e dall’assuefazione quotidiana e, paradossalmente, saranno proprio la poesia ed il teatro gli strumenti per recuperare solidarietà e fiducia nel futuro . L’anziano professore racchiuderà il senso della rinnovata fiducia quando, a conclusione del secondo atto, a zì Carmela che gli proferisce “io nun v’ ‘a saccio leggere ‘na poesia “ risponderà “Non ce ne sarà bisogno, nuie simmo gente ‘e paese, bona serata Carmè ”
Salvatore Vigliano
2 ATTI DI SALVATORE VIGLIANO
Note critiche a cura Dell’autore
“Questo è lo scotto che paghiamo per il benessere moderno, però abbiamo tutti il dovere di guardare avanti e migliorare ….. quatto case, ‘na piazza,,’na decina ‘e persone nun fanno ‘nu paese.. ….. addeventano Paese, quando le persone rispettano le persone, la piazza e le case … addeventano ‘nu Paese quanno s’aiutano, quanno i problemi di uno diventano anche problemi per gli altri. A ‘stu paese nuosto chesto manca …. Bisognerebbe organizzare per tutti, me compreso, una specie di corso accelerato di convivenza civile, ma queste sono solo chiacchiere, perciò, lassammo perdere “.
Sono queste le parole che ‘o professore dice a zi’ Carmela alla fine del secondo atto ; parole amare e , nel contempo, parole che invitano alla speranza . Se una comunità perde la memoria dei propri valori umani e sociali è destinata a perdere la propria identità, a fare i conti con le contraddizioni del vivere moderno, a contare le vittime del proprio fallimento.
La speranza tuttavia non è restaurazione, ma rinnovamento ; nasce dal confronto tra le generazioni, dall’impegno civile “ Carmè, indietro non si torna e non si deve tornare. Il tempo corre in avanti ed è giusto, perché si deve migliorare; ‘o passato nun è che sia stato sempe bello “ ammonisce ‘o prufessore .
Ma Il confronto, il dialogo generazionale sembra confuso, separato da una sottile ,eppure solida, linea di incomprensione ; da un lato le certezze del passato, dall’altro il relativismo del presente.
Zi’ Rusina reagisce alle intemperanze della nipote “ No … vuie site scostumati. Quanno una pirsona nun tene rispetto ppe’ n’ata pirsona , vuol dire che è scostumata e basta !!! ‘Na vota nun era accussì , ‘na vota c’era rispetto ppe’ tutti, soprattutto ppe’ viecchi “ L’adolescente Nunziatina risponde “ E mò ‘e tiempi so’ cagnati … mò ognuno pensa ai caz… ai cavoli suoi … mò ce vulimmo divertì e basta, avimma pensà a nuie, al gruppo di amici e nisciuno ce addà sfottere “. Lo stesso relativismo si coglie nelle parole del giovane Cristian “ A no’ tu ti poni troppi problemi, chella ‘a vita è ‘na schifezza già pe’ essa, po’ te ce mitti pure tu !!! Io voglio vivere la vita al presente ….. pecchè m’aggia mettere a pensà a ll’ati cose ?? Vivi e lascia vivere … oggi ci stai e domani chi sa “ .
Nella nebbia dell’incomunicabilità, si insinuano con facilità i drammi del vivere quotidiano : la droga, la precarietà,la disoccupazione, il crollo delle agenzie educative come la famiglia e la scuola.
‘O professore osserva, guarda,ascolta e, come un vecchio cronista, registra la situazione ; non giudica, ammonisce“ si sono imbrogliate le carte del consorzio umano, se so’ ammescate ‘e figure”, indica vie d’uscita e, paradossalmente, individua nella poesia una delle poche armi per diradare la nebbia “ la poesia ha il dono di dire con poche parole quello che un avvocato non riuscirebbe a dire in cento arringhe, però deve essere amata … è dono per tutti … con la poesia possiamo tornare al mondo perduto o inventarcene uno nuovo e, magari, migliore di questo “.
Le riflessioni del professore resteranno inascoltate fino a quando un dramma non colpirà la piccola comunità e farà aprire gli occhi a tutti : La gente ‘e paese non può e non deve perdere la speranza, ma non può nemmeno far finta di niente, far finta che tutto vada per il meglio; deve ritrovare il coraggio di guardarsi dentro, di individuare i mali nascosti o riposti sotto il tappeto e recuperare i propri valori umani per tornare ad essere gente ‘e paese.
Breve sintesi
All’interno di un vicolo, si intersecano le storie e le vite degli abitanti di un piccolo paese che ha ormai perso la propria identità umana e sociale. Il benessere, l’incomunicabilità generazionale, l’individualismo, il consumismo hanno divorato i valori di un tempo senza costruirne dei nuovi : senza dialogo, Il passato si contrappone al presente esasperando la condizione di precarietà e di superficialità . Il tutto viene osservato e raccontato da un anziano professore in pensione che riflette su quanto accade intorno a lui; ne raccoglie le sofferenze, le ansie, le contraddizioni, le spinte vitali e le responsabilità. Testardamente propone valori come la famiglia, il ruolo dei genitori, il rispetto del bene comune, la cultura come antidoti all’amarezza del quotidiano . La piccola comunità, disabituata al senso di coesione sociale, preferisce nascondere il proprio malessere ma, come spesso accade, sarà una tragedia a risvegliare tutti dal torpore e dall’assuefazione quotidiana e, paradossalmente, saranno proprio la poesia ed il teatro gli strumenti per recuperare solidarietà e fiducia nel futuro . L’anziano professore racchiuderà il senso della rinnovata fiducia quando, a conclusione del secondo atto, a zì Carmela che gli proferisce “io nun v’ ‘a saccio leggere ‘na poesia “ risponderà “Non ce ne sarà bisogno, nuie simmo gente ‘e paese, bona serata Carmè ”
Salvatore Vigliano